9 Gennaio 2014
TERRITORIO

“Siamo certi che la veloce capacità della politica novarese e regionale di reperire  13,5 milioni per la conca di navigazione al Porto della Torre di Pombia potrà essere seguita da un’altrettanto celere attenzione verso il recupero di realtà storiche come i fabbricati rurali che insistono nella medesima area del Parco del Ticino piemontese”. Lo dice Gian Carlo Ramella, direttore della Coldiretti interprovinciale di Novara-Vco, che interviene su un tema strategico come la qualificazione del ruolo agricolo del Parco del Ticino anche in vista dell’ormai imminente appuntamento con Expo 2015.
Coldiretti ha censito un gran numero di fabbricati che potrebbero essere recuperati e valorizzati, anche come agriturismi o bed&breakfast: testimoni antichi di un’antica civiltà agricola che, oggi, sono testimoni di cultura e memoria del territorio rurale.
“All’atto della firma dell’accordo tra Parco e Regione, lo scorso 27 dicembre si è detto dell’importanza di recuperare e ripristinare una via d’acqua che già c’era: bene, intorno a quella via d’acqua che porta dal lago Maggiore a Milano e che lambisce per diversi chilometri il territorio novarese, insistono quegli stessi edifici rurali che ebbero peraltro un ruolo significativo nel passato coevo all’utilizzo dell’antica idrovia. Anche per questo è importante che gli stessi siano riportati a nuova vita e salvati, di fatto, da un inesorabile declino E questo è importante, come lo sono il recupero – già previsto – delle piste ciclabili e della ciclovia lungo il canale Cavour, la cosiddetta “mobilità dolce”. Avremmo auspicato di vedere il protocollo siglato, anche per poter porre osservazioni ancor più mirate”.
                               
Inoltre, sarebbe utile – nel prosieguo del progetto – “tenere in giusta considerazione le esigenze dell’agricoltura d’oggi, facendo in modo che la nuova “via d’acqua” possa prevedere opere in grado di far fronte alle emergenze idriche che più volte si sono ripetute, durante le ultime estati, nell’area dell’ovest Ticino, decimando le coltivazioni di mais”.
“Vorremmo che la nuova via d’acqua possa essere fonte di rifornimento non solo per i campi, ma anche per tutto l’ambiente, migliorando l’equilibrio del sistema idrico territoriale: e crediamo che non sarà troppo difficile migliorare l’efficienza della portata, anche grazie alla vicinanza con il lago Maggiore e la presenza della stessa diga di Porto della Torre”.

Ancora Ramella sottolinea come “il rapporto tra l’idrografia e il territorio agricolo è chiuso nella storia stessa dell’agricoltura novarese che, dallo scavo dei primi canali irrigui dopo la conquista e la centuriazione romana, ha portato nel corso dell’ultimo millennio a realizzare quella fitta rete di canali e rogge che consente la coltura risicola su vasta scala: grandi opere irrigue che sono proseguite fino al Novecento e che, con la volontà di concertare e programmare insieme, possono continuare ancor oggi: non servono “cattedrali d’acqua nel deserto”, dunque, ma opere utili a tutto il territorio, all’ambiente e alle imprese agricole che su di esso sono insediate. E non dobbiamo dimenticarci dell’agricoltura del nostro passato e di una storia che raccontano, pur con le difficoltà del tempo, quegli edifici costruiti vicino alle vie d’acqua. Ed è anche per questo che vanno recuperati e riportati a nuova vita”.

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