Sono passati quasi 70 anni dal celebre film “Riso amaro”, diretto da Giuseppe De Santis, e ritorna in forma diversa, ma non meno drammatica, una stagione amara per il mondo della risicoltura. Invasione di riso dall’Oriente: dal più 489 per cento degli arrivi dal Vietnam al più 46 per cento dalla Tahilandia. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti su dati Istat.
“Questa situazione non è più ammissibile” evidenzia Paolo Dellarole membro della giunta regionale di Coldiretti Piemonte con delega al settore risicolo. “Il fatto che i dazi non vengano più pagati, perché l’Ue ha introdotto il sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA, sta agevolando solo le multinazionali del commercio. A farne le spese, invece, sono le nostre imprese risicole che stanno subendo pesanti ricadute economiche”.
“In provincia di Novara si coltivano oltre 33.600 ettari a riso, che qui significa economia, impresa, territorio e storia” rimarca Sara Baudo, presidente della Coldiretti interprovinciale di Novara Vco. “Si tratta di un prodotto d’eccellenza, che porta un valore culturale e identitario immenso alla nostra pianura novarese e alla stesa città di San Gaudenzio: riso e risaia sono paesaggio, biodiversità, alimentazione, memoria di una tradizione che non si può barattare con nulla. Ecco perché è imprescindibile che esso vada difeso e tutelato, sia con l’etichettatura d’origine, sia dicendo basta all’invasione di riso straniero”.
“L’Italia è il primo produttore europeo di riso con un territorio di 237 mila ettari ed un ruolo ambientale insostituibile, oltre ad opportunità occupazionali. Il riso, oltretutto, – ricorda Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte – è un alimento fondamentale nella dieta: ha, infatti, elevate proprietà nutritive, è ricco di potassio mentre ha basso contenuto di sodio e di grassi. A sostegno delle imprese del comparto, è urgente che gli organi di competenza, quale l’Ente Risi, assumano una posizione chiara e si intervenga in tempi brevi per rendere obbligatoria una normativa sull’etichettatura d’origine. Il Piemonte detiene una superficie risicola di oltre 116 mila ettari, 1.100 aziende ed una produzione di 8 milioni di quintali”.
“Le industrie devono uscire una volta per tutte – sostiene il Delegato Confederale Bruno Rivarossa - allo scoperto e dire in modo chiaro se vogliono o meno la trasparenza con l’etichettatura d’origine obbligatoria. Nel comparto esistono comportamenti da basso Medioevo. Basta con le speculazioni degli industriali che, oltre a pagare a poco prezzo il risone, obbligano le imprese a stoccare nei loro magazzini il prodotto generando forme di vincolo inconcepibili e non più accettabili. L’Ente Risi – conclude Rivarossa - oggi così è un ente che ha abbandonato il proprio ruolo di difesa delle produzioni di riso italiano per una sudditanza palese verso le lobby industriali”.
