6 Luglio 2017
NO-CETA

“No al Gorgonzola made in Canada”. Questo uno degli slogan che gli allevatori e gli agricoltori novaresi e del Vco hanno ribadito ieri (5 luglio) a Roma, in piazza Montecitorio, alla manifestazione per fermare il trattato di libero scambio con il Canada. Intesa che, per la prima volta nella storia dell’Unione, accorda, a livello internazionale, il via libera alle imitazioni dei nostri prodotti più tipici e spalanca le porte all’invasione di grano duro e ad ingenti quantitativi di carne a dazio zero.
I produttori delle due province erano insieme ad un Piemonte sceso in forze davanti al Parlamento, con il presidente regionale Coldiretti Delia Revelli e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa. La delegazione interprovinciale di Novara Vco era guidata dal presidente Sara Baudo.

L’iniziativa ha visto con Coldiretti altre organizzazioni, quali Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, che chiedono fermamente di procedere senza fretta ad una discussione approfondita in Parlamento, prima di assumere una decisione di ratifica che porterebbe ad un'indiscriminata liberalizzazione e deregolamentazione degli scambi con una vera e propria svendita del made in Italy.
Hanno già espresso il loro sostegno, con delibera approvata in Giunta, oltre 200 comuni piemontesi e l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero presente alla manifestazione.

“Tra i comparti che potranno essere maggiormente colpiti ci sono quello vitivinicolo, quello dei bovini da carne e dei prodotti lattiero-caseari” precisa il presidente Baudo. “In particolare, a essere minacciato è proprio il Gorgonzola di cui il Piemonte ha prodotto nel 2016 40 mila tonnellate, circa il 50% della produzione nazionale e di cui il territorio del Novarese detiene il primato produttivo”.

“A rischio anche i prodotti Dop/Igp/Doc/Docg per cui è fondamentale che i Consorzi di Tutela intervengano per bloccare questo trattato che andrebbe a banalizzare il nostro patrimonio enogastronomico” aggiungono il presidente regionale Revelli e il delegato confederale Rivarossa. “A preoccupare, inoltre, è il fatto che nel CETA manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente. L’accordo prevede, al contrario, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto.
E’ necessaria una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi Canada/Europa. Nei trattati va assolutamente riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività delle nostre produzioni fermando una escalation che mette a rischio la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori”.

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