22 Novembre 2021
Le 5 bugie della carne Frankestein

Solo marketing e nessun vantaggio per ambiente, animali e consumatori

Non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche. Non difende l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali. Non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare. Non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore. E non è neppure carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato. Sono le cinque bugie della carne Frankenstein smascherate dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma.

La prima bugia è relativa alla presunta salubrità della carne in provetta. L'alto tasso di proliferazione cellulare può indurre instabilità genetica delle cellule sostenendo la potenziale proliferazione di cellule cancerose sporadiche; inoltre, non abbiamo finora la garanzia che tutti i prodotti chimici necessari per la coltura cellulare siano sicuri nel contesto del consumo alimentare. La carne Frankenstein non salva neppure l’ambiente né riduce gli impatti sui cambiamenti climatici. Secondo un recente studio condotto da un gruppo di scienziati della Oxford Martin School, gli impatti ambientali della bistecca sintetica, cui è associato un intenso consumo di energia, potrebbero provocare nel lungo termine un maggiore riscaldamento globale. Oltre a ciò il processo di produzione della carne sintetica richiede consumi di acqua che sono di gran lunga superiori a quelli di molti allevamenti, producendo peraltro enormi quantità di molecole chimiche e organiche i cui residui sono altamente inquinanti per le risorse idriche secondo l’Inra French Institute for Agricultural Research.

Un’altra menzogna è che la carne artificiale elimini le sofferenze degli animali. La realtà è ben diversa poiché per farla serve siero fetale bovino per la crescita alimentare in laboratorio, una coltura a base di cellule staminali di vitello. Dopo che una vacca madre è stata macellata e squartata, il suo utero, che contiene il feto, viene rimosso, scegliendo solo quelli di età superiore a tre mesi, altrimenti il cuore è troppo piccolo per perforarsi, e in tutto questo processo, non viene somministrata alcuna anestesia.

Ad ingannare è anche l’utilizzo di nomi, come “carne coltivata” per costruire un “percepito” che rimanda alle piante, e quindi alla terra e alla salubrità. Al contrario, la carne sintetica è prodotta a partire da strisce di fibra muscolare, che crescono attraverso la fusione di cellule staminali embrionali all’interno di un bio-reattore utilizzando le tecniche di ingegneria tessutale praticate da diversi anni nella medicina rigenerativa. Il prodotto sintetico e ingegnerizzato è dunque il risultato di un processo di laboratorio che non ha nulla a che fare con il concetto di cibo.

“Si rischia soltanto di sostenere un’abile operazione di marketing che punta a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione – affermano il presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il direttore Francesca Toscani - senza peraltro aver effettuato una reale verifica indipendente sull’impatto etico ed ambientale di queste produzioni a cui mirano un numero crescente di multinazionali solo per fare affari. L’attività di allevamento ha un ruolo fondamentale nel preservare paesaggi, territori, tradizioni e cultura poiché  quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni. Il Piemonte, per quanto riguarda la carne, detiene il primato in Italia nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale e queste azioni sono assolutamente da contrastare per evitare crisi ancora più pesanti rispetto a quanto già le nostre imprese stanno vivendo con la riduzione dei prezzi, l’impennata delle materie prime, l’aumento dei costi di trasporto e le speculazioni in atto nel settore. Siamo pronti a dare battaglia poiché quello della carne Frankenstein è un futuro da cui non ci faremo mangiare”.

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