15 Giugno 2016
FAUNA SELVATICA

“Le parole del presidente del Parco del Ticino Adriano Fontaneto, espresse nell’ultima riunione e riportate anche dagli organi di stampa, possono rappresentare un’importante presa d’atto sul problema cinghiali. Se ad esse seguiranno i fatti e gli interventi, possiamo dire di trovarci davanti a un cambio di rotta atteso da decenni”.  
Così il presidente e il direttore di Coldiretti Novara Vco Federico Boieri e Maria Lucia Benedetti commentano la presa di posizione del nuovo presidente del Parco del Ticino, che ha esternato l’intenzione di “affrontare con decisione la necessità di eradicare la specie cinghiale dal territorio delle aree protette del Parco del Ticino e del Lago Maggiore”. Non solo. Fontaneto parla di “potenziare la collaborazione con le imprese agricole” e rimarca come sia importante il confronto con le associazioni agricole “perché consideriamo la tutela e la valorizzazione delle imprese stesse, site in area Parco, come uno degli obiettivi strategici del nostro programma”.

Già il 30 maggio scorso il tema era stato affrontato nella riunione di Villa Pichetta alla quale era presente, con il presidente del Parco Fontaneto, il presidente di Coldiretti Novara Vco Federico Boieri: “In quella sede si è ribadita la necessità di affrontare il problema e rimarcato l’importanza di un capillare coinvolgimento delle impese agricole e dei conduttori dei fondi posti nell’area parco: l’impegno e la conoscenza di chi “vive e lavora sul territorio” possono essere determinanti per affrontare con la giusta serietà un problema che negli anni ha assunto proporzioni gravissime. Gli imprenditori agricoli, forse più di chiunque altro, possiedono la conoscenza dei luoghi e dei danni che i cinghiali arrecano e di conseguenza i movimenti di questi ultimi.
Il Parco è stato istituito per proteggere un territorio che l’agricoltura ha disegnato e preservato nei secoli: non può quindi prescindere dall’integrare l’attività agricola nella sua progettualità. Il Parco stesso ha finalmente riconosciuto questo principio ed è una presa d’atto importante, che attendevamo da tantissimo tempo”.

Prosegue Boieri: “Lo ribadiamo ancora una volta, come già in passato: non si tratta più di un fatto di mero risarcimento, perché va messa in primo piano la sicurezza delle persone e della vita nelle campagne e nelle aree periferiche dei centri urbani. Per chi opera nelle aree montane e svantaggiate è a rischio la possibilità di poter proseguire l'attività agricola, ma anche di circolare sulle strade o nelle vicinanze dei centri abitati”.

La Coldiretti interprovinciale sottolinea inoltre come l’equilibrio naturale – specie nelle zone rurali all’interno delle aree Parco - “non possa prescindere dal ruolo, importante e strategico, delle imprese agricole e nemmeno può permettere che una specie, peraltro non autoctona, diventi insostenibilmente invasiva: più volte abbiamo richiamato l’argomento e le risposte, quando ci sono state, non hanno mai prodotto i risultati attesi”.

Particolarmente grave, come detto, è il problema rappresentato dai cinghiali: animali che basano sui vegetali il 90% della loro dieta, nutrendosi di semi, frutta, funghi, nocciole, tuberi, radici, bulbi. Nelle loro incursioni notturne, questi ungulati passano il tempo ad annusare il terreno e, una volta individuato il “bottino”, scavano con il grugno fino a raggiungere il cibo. Il risultato? Prati, campi e frutteti devastati. Anche a ripetizione: nelle più recenti campagne di semina, c’è chi ha dovuto ripetere per tre volte quella del mais.

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