29 Settembre 2009
COLDIRETTI NOVARA E VCO: LA CRISI ECONOMICA PORTA MENO CONSUMISMO AD HALLOWEEN, CHE RISCOPRE IL SENSO DI “FESTA CELTICA DI FINE RACCOLTO”

NOVARA VCO (jf) – La festa di Halloween? In tempi di crisi si risparmia, ma senza rinunciare alla tradizione: meno feste, dunque, ma più voglia di “trascorrere a casa”, magari con una cena tra amici, la tradizionale notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre.
Magari riscoprendone il significato autentico, che deriva in modo diretto dalla ricorrenza celtica di Samhain che, seguendo il ritmo di un calendario ancestrale, segnava anche il momento del capodanno.
La cosiddetta notte di Halloween, infatti, ha radici molto più antiche della sua origine americana: la celebravano anche i Celti della valle del Ticino, ovvero gli antichi progenitori della civiltà di Golasecca: una scadenza che seguiva il ciclo agricolo e che, con la conclusione dei raccolti e il ritorno delle ultime greggi dall’alpeggio, marcava l’inizio della buia stagione invernale.

I prodotti della terra, di più o meno antica introduzione, tornano così protagonisti di ricette e serate a tema, lasciando sì spazio alla tradizione, ma anche alla fantasia. Qualche esempio? la minestra di cereali, latte e castagne, i piatti di carne accompagnati dalla birra, i funghi, i formaggi e il miele.
Interessante, dunque, la riscoperta di produzioni dimenticate, eppure ben presenti due-tre millenni or sono nelle nostre pianure: come la birra appena citata, che ha preceduto l’insediamento della vite, l’idromele o il sidro, prodotto a livello soprattutto familiare fino in tempi recenti e meglio noto come “vino di mele”.
Ma ad accompagnare “cena celtica” non deve mancare neppure il vino, a testimoniare che furono proprio queste popolazioni discese nell’Italia del Nord ad apprendere le tecniche di coltivazione della vite di tipo etrusco.

“E poi ci sono le zucche, queste sì introdotte proprio dall’America dopo la scoperta di Colombo ma prodotte oggi “a chilometro zero” anche nelle province di Novara e Vco” sottolinea il dottore agronomo Francesco Renzoni, direttore interprovinciale di Coldiretti. “L'ortaggio più grande del mondo rappresenta infatti da tempo in Italia una realtà produttiva e gastronomica radicata sul territorio”.
Le specialità alimentari con la zucca o con la sua farina sono svariate, tra le tante l'utilizzazione più "nobile" è quella dei celebri tortelli di zucca (nelle diverse versioni, con mostarda, marmellata, amaretti o mandorle) per i quali è necessaria una zucca dolce, compatta, non granulosa ed un po' farinosa.
Ma gettonatissimi sono il risotto alla zucca (un tocco di raffinatezza? Unite verso fine cottura il gorgonzola…),  gli gnocchi e il pane di zucca, i tortelli di zucca, la zucca fritta, al forno o ridotta in purè, la crostata di zucca e infine, come leccornia, i suoi semi tostati e salati.
L'agricoltura nazionale offre in media una produzione nazionale di circa 60 milioni di chili di  zucche: si tratta per la quasi totalità di prodotti destinati al consumo alimentare anche se non manca la coltivazione di varietà di zucche a scopi ornamentali o da “competizione” con esemplari che possono arrivare anche a 400 chili.
Oltre ad essere prelibate, le zucche hanno anche importanti proprietà terapeutiche dovute alla sua ricchezza di vitamina A, sali minerali (soprattutto potassio, calcio e fosforo) e fibre.
“A livello colturale, la zucca è un ortaggio che si produce in pieno campo, con semine da effettuarsi tra aprile e maggio. La raccolta avviene invece in autunno e le zucche si conservano a lungo durante l'inverno.
I prezzi medi per le zucche sono sostanzialmente stabili e leggermente superiori all'euro al chilo, con valori più alti per le zucche ornamentali e per quelle già tagliate da utilizzare in cucina”.

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