30 Gennaio 2008
COLDIRETTI, DIMEZZATA LA PRESENZA DI API IN MOLTE AREE D’ITALIA. SITUAZIONE MOLTO DELICATA ANCHE NELLE PROVINCE DI NOVARA E VCO

NOVARA VCO (jf) Le api? Sono sempre di meno e, anche sul territorio di Novara e del Verbano Cusio Ossola, la situazione evolve in modo purtroppo negativo.
“Siamo purtroppo costretti a confrontarci con dati che, a livello nazionale, non fanno ben  sperare per il futuro, con una riduzione variabile  stimata tra il 30 e il 50% del patrimonio apistico nazionale ed europeo” dice il direttore della Coldiretti interprovinciale Diego Furia.
“Sul territorio delle nostre province posiamo stimare una riduzione attualmente nella misura del 30%, meno grave che altrove ma comunque molto preoccupante: ricordo peraltro che sia il Piemonte, sia il nostro comprensorio di Novara e Vco è di importanza determinante nella “bilancia di produzione” nazionale di miele”.
 
Una situazione che mette a rischio non solo la produzione di miele ma l’equilibrio naturale globale con effetti sulla salute ma anche sull’alimentazione, che dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale proprio le api concorrono per l’80 per cento.
Nel lanciare l’allarme, Coldiretti fa riferimento ai dati divulgati dall’APAT che evidenziano nel 2007 la perdita in Italia di 200mila alveari con un danno economico per la mancata impollinazione stimato in 250 milioni di euro.
 
Il fenomeno dello spopolamento, comune in molti continenti a partire dagli Stati Uniti e dall’Europa, viene denominato “Colony Collapse Disorder” (CCD) e ha effetti gravi anche in Italia dove a rischio è una popolazione stimata in circa 50 miliardi di api in oltre 1 milione di alveari che offrono “gratuitamente” un valore del servizio di impollinazione alle piante agricole lungo tutto lo Stivale stimato pari a 2,5 miliardi di Euro all'anno.
 
Come sottolinea Coldiretti, diverse sono le teorie sulle cause del profondo malessere che sta colpendo le api, come l’ipotesi di una responsabilità delle onde elettromagnetiche, che secondo uno studio inglese determinerebbe morie fino al 70 per  cento, ma anche gli effetti dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento ambientale nonché gli eventuali effetti di contaminazioni di organismi geneticamente modificati (Ogm).
 
Ma tra i principali sospettati ci sono anche parassiti come virus o batteri sconosciuti e agrofarmaci che potrebbero anche agire in combinazione nell’indebolire ed uccidere le api. Ipotesi sulle quali occorre intensificare la ricerca per evitare conseguenze disastrose per la salute e l’ambiente perché, come diceva Albert Einstein, “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Secondo stime, la produzione totale in Italia nel 2007 è stata - conclude la Coldiretti - attorno alle 10mila tonnellate grazie a circa un milione di alveari, gestiti dai 7.500 apicoltori “professionisti” e moltissimi hobbisti. che hanno totalizzato un fatturato stimato in circa 25 milioni di euro.
Gli italiani ne consumano circa 400 grammi all’anno a testa.

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