NOVARA-VCO (jf) – Mancano meno di ventiquattr’ore all’incontro di domani a Torino fra la dirigenza e la rappresentanza di Coldiretti in Piemonte (attesi oltre 700 partecipanti) con il presidente nazionale di Coldiretti Sergio Marini e il segretario organizzativo Vincenzo Gesmundo. Obiettivo è approfondire i contenuti della grande battaglia sindacale di Coldiretti per il Paese, tesa a promuovere “una Filiera Agricola Tutta Italiana”.
L’importante incontro – che avrà inizio alle 14.30 al Lingotto di Torino, anticipato dalla conferenza stampa delle 11.30 alla “bolla” del Lingotto stesso - vedrà un’ampia partecipazione della Coldiretti di Novara e Vco.
Ma qual è il punto di attuazione sul territorio del progetto “Per una Filiera Agricola Tutta Italiana”? Alla vigilia dell’incontro torinese, è il direttore interprovinciale Francesco Renzoni a parlarne in un’intervista.
Quali sono i cardini del progetto?
“Il progetto di Coldiretti “Per una Filiera Agricola Tutta Italiana” si fonda sui tre pilastri principali: quello della distintività della produzione agricola Made in Italy, della riconoscibilità dell’offerta firmata dagli agricoltori e dell’organizzazione dei soggetti che partecipano al progetto: cooperative, consorzi agrari, farmers market, agriturismi e imprese agricole.
L’obiettivo fondamentale è di sostenere il reddito degli agricoltori eliminando le distorsioni e tagliando le intermediazioni con l'offerta attraverso una rete commerciale di prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo: sul territorio di Novara e Vco siamo impegnati da sempre su questa linea, sia sotto il profilo del confronto istituzionale, sia con la creazione di nuove occasioni di contatto fra produttori e consumatori – come i Mercati Agricoli di Campagna Amica – sia con un’incisiva azione di comunicazione volta a rinsaldare il quotidiano rapporto tra la Coldiretti, i consumatori e la società civile”.
Proprio i Mercati Agricoli di Campagna Amica sono un’iniziativa lanciata con successo sul territorio negli ultimi tempi. Ce ne può parlare?
“I Mercati di Campagna Amica rappresentano, allo stesso tempo, un’innovazione e un sano ritorno al passato, a decenni ormai lontani in cui era normale rifornirsi dagli agricoltori che, dalla campagna, raggiungevano la città con i loro prodotti.Prodotti sani, a Km zero e con un ottimo rapporto qualità prezzo.
Oggi la dipendenza della “famiglia media” dalla grande distribuzione ha annientato – o molto ridimensionato – questa sana e positiva consuetudine: il risultato è che i consumatori spesso non possono sapere da dove arriva ciò che portano in tavola, mentre i produttori sono strozzati da un mercato in cui i prezzi vengono imposti dai “distributori” medesimi, spesso con gravi discordanze nella “forbice” dal campo alla tavola.
Coi Mercati di Campagna Amica si eliminano tutti i passaggi intermedi, che danneggiano consumatori ed imprese agricole, si incentiva la filiera corta e si garantisce ai cittadini consumatori di poter acquistare periodicamente e direttamente dagli imprenditori agricoli, eliminando così ogni passaggio intermedio a beneficio di un ottimo rapporto di qualità e prezzo. Inoltre, i consumatori, conosciuta un’azienda al Mercato Agricolo, spesso tornano a visitarla in campagna, rifornendosi senza vincoli di data con la vendita diretta”.
Quanti sono i Mercati di Campagna Amica nelle due province di Novara e del Vco e cosa si prevede per il futuro?
“Attualmente i Mercati di Campagna Amica nelle due province abbiamo sono quattro, seppur stagionali. In particolare, a novembre abbiamo aperto quello di Novara, che si tiene ogni terzo sabato del mese, dunque anche questa settimana (16 gennaio).
Nel nostro futuro c’è l’intenzione di proseguire su questa via ormai tracciata, tenendo allo stesso tempo presenti tutte le priorità che comportano una difesa attenta del settore primario ed una valutazione di una situazione di congiuntura ormai generalizzata”.
Nel progetto sono ricomprese, però, anche numerose altre iniziative.
“Certamente sì. Si tratta di un’iniziativa ad ampio raggio che implica una svolta epocale nel modo di intendere l’agricoltura nazionale. In un momento di crisi generalizzata, riteniamo che sia opportuno e positivo scommettere sul settore primario come strumento per uscire dalla congiuntura: il made in Italy agroalimentare è una risorsa che ci viene invidiata ed apprezzata in tutto il mondo e il nostro Paese, paradossalmente, non riesce a tutelarla a dovere.
Principi come trasparenza, rintracciabilità dei prodotti, sicurezza alimentare, tolleranza zero nei confronti degli Ogm devono diventare consuetudine: inoltre, dobbiamo mettere le imprese agricole nelle condizioni di poter progettare l loro futuro, di avere certezze nei confronti del mercato e degli attori della filiera.
I cittadini, poi, debbono poter essere adeguatamente informati sulla natura dei prodotti agroalimentari che si trovano a consumare e,soprattutto, deve essere garantita loro la possibilità di scegliere prodotti italiani anche attraverso una sorta di “diritto di scaffale” riservato al made in Italy”.
E’ un progetto che interessa e coinvolge anche i nostri territori...
“Assolutamente. Le due province di Novara e del Vco costituiscono un autentico giacimento di tanti ed eccellenti prodotti di grande importanza per il made in Italy: penso innazitutto al riso e a formaggi come il Gorgonzola, di cui il territorio è fra i leader di produzione nazionale.
Penso però anche ad altri prodotti di cui è necessario valorizzare la conoscenza anche al di fuori dei confini delle nostre province e regioni, come i salami della duja sotto grasso, le tome e i formaggi d’alpeggio, i mieli tipici e, soprattutto, i vini delle Colline Novaresi e dell’Ossola che meritano di incrementare ancor più la loro presenza già in essere sui mercati europei.
Per raggiungere questi risultati, occorre però risolvere delle problematiche serie e difficili, che attualmente pregiudicano la possibilità per le imprese di guardare serenamente al loro avvenire: penso innanzitutto alla crisi del settore latte o i bassi prezzi delle materie prime agricole come i cereali e il riso. In questi anni si è assistito ad un’eccessiva volatilità dei mercati, dettata anche da sommovimenti sul piano internazionale che pongono la nostra agricoltura nazionale in balia di troppe variabili”.
Difesa del made in Italy innanzitutto, dunque...
“E’ una delle premesse necessarie. Del resto abbiamo dimostrato quanti e quali prodotti esteri raggiungano ogni giorno l’Italia, magari corredati da una bella confezione tricolore. Lo abbiamo visto – e li abbiamo intercettati – durante la mobilitazione e i presidi alle frontiere della scorsa estate, al Frejus e al Brennero: giorni intensi che hanno visto la Coldiretti di Novara e Vco impegnata giorno e notte nel presidio dei valichi insieme alle forze dell’ordine”.
Qual è il presente e quale dovrebbe essere il futuro del settore agricolo?
“Per tutte le ragioni che abbiamo spiegato prima, la situazione dell’agricoltura non è affatto tranquilla: i prezzi dei prodotti agricoli alla produzione sono in piena deflazione con un calo del 12% secondo i dati Ismea diffusi a ottobre: le quotazioni alla produzione hanno registrato infatti flessioni (rispetto all’ultimo anno) del 20% per i cereali, del 22% per la frutta, del 15% per il vino, del 14% per la carne suina e del 12% per i lattiero caseari. Ricordo poi che per ogni euro speso dai consumatori per acquistare i prodotti nei consueti canali di distribuzione, vengono riconosciuti al produttore agricolo in media appena 17 centesimi...
E’ oggettivo che questa situazione sta mettendo a rischio il futuro delle aziende rurali e con esso quello delle coltivazioni ed allevamenti Made in Italy: la riduzione stimata del valore aggiunto agricolo è pari al 5,2% per una perdita complessiva di 1,5 miliardi nel solo 2009.
Di contro, e paradossalmente, nemmeno i consumatori italiani hanno potuto beneficiare di questa forte riduzione dei prezzi agricoli che rischia invece di provocare l'abbandono delle campagne. E ciò proprio per le “distorsioni di mercato”, per le inefficienze e le speculazioni lungo la filiera agroalimentare che sono costate, a cittadini ed imprese agricole, 5,8 miliardi solo nell’ultimo anno.
Dobbiamo partire da questi dati reali per costruire un futuro diverso, dove la consapevolezza delle potenzialità della nostra agricoltura siano il motore di una svolta che ci attendiamo epocale.
Ribadisco il concetto di una collaborazione necessaria a livello istituzionale, sociale e di filiera: lo Stato, le imprese, i cittadini e tutti gli anelli della “catena” agroalimentare debbono essere convinti e impegnati in un progetto il cui beneficio sarà comune. Per noi e per il nostro Paese”.
