13 Gennaio 2014
ANIMALI SELVATICI

“Cari colleghi agricoltori, con estremo piacere vi comunico che dopo innumerevoli sforzi e iniziative la Regione Piemonte ha predisposto l'erogazione dei pagamenti relativi ai danni dei cinghiali -anno 2010, a tal fine allego comunicato stampa appena trasmessomi dall'Ufficio Comunicazione  dell'Assessore Vignale”. Così scriveva lo scorso novembre il presidente del Parco del Ticino dott. Marco Avanza a proposito dell’annosa partita riferita all’enorme ritardo nei pagamenti dei danni subiti dagli agricoltori. Lo stesso comunicato della Regione così titolava: “Erogati i risarcimenti per i danni da fauna selvatica a coltivazioni agricole e pascoli nelle aree protette regionali”. Così titolava il comunicato in oggetto, diffuso il 19 novembre dalla Regione. Comunicato che, più nel dettaglio, specificava per la provincia di Novara l’assegnazione di 121.267,99  euro relative alla rifusione dei danni per il 2010: cifra importante ma, come specifica la Coldiretti interprovinciale, “inferiore di ben 18 mila euro alle stime riferite al periodo”.

“Gran parte di quella cifra è destinata a risarcire le imprese che operano nel territorio del Parco del Ticino”  dice Gian Carlo Ramella, direttore della Coldiretti di Novara-Vco.
Più d’un imprenditore, insomma, aveva tirato un sospiro di sollievo nell’aspettare il passaggio di Babbo Natale o, quantomeno, della Befana. Che, evidentemente, sono però rimasti a Torino: “E, a questo, punto, non vorremmo che anche ritardasse San Gaudenzio” aggiungono Sergio Rossi e Rita Fortina, rispettivamente presidente della sezione Coldiretti di Bellinzago Novarese e Oleggio. “Ancora una volta le tempistiche di risarcimento continuano a mettere a serio rischio l’operatività di chi si sforza ancor oggi di “fare agricoltura” in area parco, contribuendo in modo fattivo al mantenimento di quell’attività rurale che ha un peso e un’importanza determinante nell’ecosistema dell’area protetta (aspetto tutt’altro che secondario, anche e soprattutto in vista dell’appuntamento con la vicina Expo 2015 di Milano)”.

“Dunque, i fondi sono ancor oggi un illusione per quanti non li hanno ricevuti” commentano Rossi e Fortina, nello specificare che “nelle tasche degli imprenditori agricoli non è finito un solo euro di quanto promesso ormai quasi tre mesi or sono. A quando, dunque, i pagamenti?”.
La domanda parte a stretto giro di posta all’indirizzo dei vertici del Parco del Ticino e della Provincia di Novara: “Ci auguriamo che dopo quest’ennesima sollecitazione i soldi arrivino in fretta, altrimenti ci troveremo di fronte all’ennesima beffa su una situazione totalmente e inauditamente fuori controllo. I danni e le invasioni di cinghiali e selvatici nei campi agricoli continuano, i ritardi nei pagamenti sono abissali, le promesse di enti e istituzioni si ripetono ogni qualvolta solleviamo l’argomento ma, puntualmente, appena cala l’attenzione non se ne fa più nulla. E il rischio è che il quadro continui a peggiorare sempre di più. Purtroppo, anche in questo dobbiamo leggere che la politica è presa da altre questioni…”.

Non sfugge che, proprio pochi giorni fa, sia stata annunciato con grande eco lo stanziamento di 15 milioni di euro per un’opera legata all’idrovia del Ticino: “Ma ci si dimentica che, proprio in quell’area, l’agricoltura rischia di morire perché non si trova, da parte della politica, eguale sensibilità – e non parlo  solo di fondi economici – per risolvere un problema che minaccia la sopravvivenza stessa delle imprese rurali: non ci servono cattedrali nel deserto, ma l’attuazione di un serio piano di contenimento, di “girate” efficaci nelle aree più colpite, in sinergia con le segnalazioni degli imprenditori agricoli, di recinzioni elettrificate per preservare l’integrità di campi… insomma, di interventi seri e risolutivi che possano risolvere il problema.
Senza l’agricoltura, il Parco del Ticino dovrebbe rinunciare a un pezzo di storia e di identità che, nei secoli, ne ha accompagnato la crescita e che, ancor oggi, lo distingue in senso positivo fra le aree protette: e – lo ripeto – ciò appare inaccettabile alla vigilia di un importante evento come l’Expo, in cui sono soprattutto le peculiarità agroalimentari dei territori vicini all’area milanese a dover “fare sistema” e a raccogliere le opportunità date da questo importante proscenio mondiale. E noi che vogliamo fare? Cosa aspettiamo?”.

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